Secondigliano, 17 assoluzioni
Repubblica — 14 giugno 2003   pagina 11   sezione: NAPOLI
CINQUE condanne e diciassette assoluzioni per il rogo di Secondigliano. Per quella voragine infuocata che inghiottì undici vite nella sera del 23 gennaio 1996, scatenando rabbia, polemiche e dolore. In un istante undici famiglie piombarono nella disperazione e nella tragedia. Videro sparire per sempre i loro cari. Da subito si parlò di lavori sotterranei - un tunnel - condotti con leggerezza, di allarmi ignorati, di errori evitabili. Di tutto questo si è discusso in un dibattimento serrato, difficile, molto tecnico. Alle 13,51 cala il silenzio in un' aula affollata. Dopo due anni e mezzo, più di cinquanta udienze, il giudice Vincenzo Albano emette il verdetto. Che non lascia del tutto convinta la pubblica accusa e neppure alcuni parenti delle vittime in quel momento in tribunale. Ma come tutte le sentenze va rispettata e, soprattutto, capita. Con la lettura delle motivazioni, che arriveranno entro novanta giorni. Tutto ruotava attorno alle cause che originarono l' esplosione, avvenuta all' interno di un tunnel in costruzione al quadrivio di Secondigliano. Alle 13,51 il giudice condanna il progettista Stefano Maria Petrazzuoli; il direttore dei lavori Mattia Forte; il direttore tecnico del concessionario Francesco Pisanti; il collaudatore statico Giovanbattista Viale; l' ingegnere capo del Cipe, ente committente, Luigi Palazzi. Due anni e due mesi per disastro colposo e omicidio plurimo colposo. Più una provvisionale di 100 mila euro a testa alle famiglie delle vittime. Assolti gli altri 17 imputati, fra questi i componenti della commissione di collaudo, funzionari del Cipe, funzionari del Comune di Napoli, consulenti, un geologo. Escono senza macchie dal processo di primo grado. Pochi istanti dopo il verdetto c' è una donna in lacrime. Cerca di nascondere il suo pianto. «Grazie lo stesso», sussurra ai due pm, Gloria Sanseverino e Raffaele Greco, che avevano chiesto ben 18 condanne e che adesso appaiono stanchi e perplessi. Si commuove ancora, poi spiega: «Mi chiamo Rosalba Donciglio, ho perso un familiare in quel rogo, si chiamava Michele Sparaco~io non so se posso dirlo~ma nessuno mi toglierà mai dalla testa che, se il Comune non avesse rilasciato quel maledetto nullaosta, questa tragedia non sarebbe avvenuta, sì, io credo che si sarebbe potuta evitare». Poco più in là, i pm commentano: «Dal verdetto sembra che, comunque, il giudice abbia condiviso la nostra ricostruzione della dinamica dei fatti; per noi quell' opera fu progettata male e realizzata peggio; e le responsabilità erano più vaste; ma il tribunale non ha sposato molte delle nostre richieste, leggeremo la motivazione e, probabilmente, proporremo appello». Di tutt' altro parere e umore l' avvocato Gennaro Lepre, difensore di Giuseppe Barletta, l' imprenditore amministratore del concessionario dei lavori per il quale i pm avevano chiesto la pena più alta, 4 anni. Barletta, invece, è stato assolto e il penalista dice: «E' importante che si sia accertata l' assenza di frodi da parte della ditta concessionaria, estranea a qualsiasi speculazione». Scontato che si vada al processo d' appello. Una corsa contro il tempo, la prescrizione non è distante. -
GIOVANNI MARINO

 
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